Restituzione del finanziamento ai soci postergati

restituzione del finanziamento

Integra una fattispecie penalmente rilevante il prelievo delle somme da un c.d. conto di gestione, alimentato dai soci per sopperire temporaneamente alle difficoltà finanziarie della società in alternativa all’aumento di capitale, adottato in violazione della disciplina sulla postergazione del diritto al rimborso di cui all’art. 2467 c.c. (Cass. pen. 22 novembre 2022 n. 8526)

I soci di società di capitali possono finanziare la società, tra l’altro, con apporti concessi a titolo di mutuo, con diritto al rimborso degli stessi, o erogando versamenti in conto capitale destinati a confluire in apposite riserve, senza diritto del socio finanziatore di vedere restituito quanto versato se non in sede di liquidazione della società e nei limiti dell’eventuale residuo attivo.


La Suprema Corte, intervenuta in tema di prestiti dei soci di una s.r.l. in favore della società, erogati in situazione di difficoltà finanziaria o di squilibrio patrimoniale di quest’ultima, ha evidenziato come la previsione dell’art. 2467 c.c. pone dei limiti all’utilizzo da parte dei soci dello strumento del finanziamento per ricapitalizzare in maniera surrettizia la compagine sociale, aggirando i vincoli che l’ordinamento prevede in materia di conferimenti di capitale. 


Tale disposizione prevede, infatti, che il diritto del socio al rimborso del finanziamento sorga postergato, qualora erogato nelle predette situazioni, rispetto a quello degli ordinari creditori sociali.


La Cassazione, a tale proposito, ha chiarito che il prelievo da parte dei soci finanziatori di somme da un c.d. conto di gestione – istituito e alimentato dai soci proprio per sopperire temporaneamente alle difficoltà finanziarie della società in alternativa all’aumento di capitale – a titolo di restituzione dei relativi versamenti, che sia stato adottato in violazione della disciplina sulla postergazione del diritto al rimborso di cui all’art. 2467 c.c., integra una fattispecie penalmente rilevante (quanto meno, la fattispecie di bancarotta preferenziale).


Per la Corte, infatti, il c.d. conto di gestione altro non era che un meccanismo di finanziamento della società, alternativo all’aumento di capitale, onde permetterne la sopravvivenza finanziaria, e come tale ricadente pienamente nel raggio di applicazione della disciplina civilistica sopra evocata, con postergazione dei soci fino all’eventuale superamento delle anzidette difficoltà o dell’esistente squilibrio. 


Solo allorché ciò si verifichi, il credito restitutorio ritorna pienamente esigibile in via ordinaria, anche se in quel momento non siano stati ancora adempiuti gli altri debiti sociali, mentre non è consentito, permanendo lo stato di crisi, recuperare i finanziamenti, ancorché al fine di programmare future erogazioni, che si troverebbero ad essere basate su provvista arbitrariamente costituita.


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